Scenari immobiliari, nell'ora più buia è tempo di innovare
In tempo di crisi per il coronavirus, l'uscita dall'emergenza sarà collegata alla capacità degli operatori di trovare la strada per innovare e di saper rispondere ai nuovi bisogni della società. Queste sono i contenuti di Mario Breglia presidente di Scenari Immobiliari agli operatori.
In tempo di crisi pr il coronavirus, l'uscita dall'emergenza
sarà collegata alla capacità degli operatori di trovare la strada per innovare
e di saper rispondere ai nuovi bisogni della società. Queste sono i contenuti
di Mario Breglia presidente di Scenari Immobiliari agli operatori.
“Tanti accomunano gli effetti del Coronavirus a
quanto accadde dopo l’undici settembre 2001. Anche allora, si mise in discussione
il modello di crescita delle città, la conurbazione eccessiva e la mancanza di
attenzione alla sicurezza dei cittadini. Un certo modello di sviluppo era dato
per morto. Per finita la costruzione dei grattacieli perché obiettivi troppo
facili da colpire. Il nuovo modello di sviluppo doveva guardare ai piccoli
centri e non alle metropoli. Come oggi, crollò il turismo e fu messa in
discussione la globalizzazione”. Così Mario Breglia, presidente di Scenari
Immobiliari, commenta gli effetti della crisi sanitaria legata alla diffusione
del virus Covid-19 sul real estate in una lettera aperta agli operatori
immobiliari"
“Al Forum di Scenari, poche ore dopo
l’attentato alle Torri gemelle, si parlò esplicitamente di ‘fine del real
estate. Cosa è successo dopo? Si sono costruiti circa ottocento grattacieli nel
mondo, di cui una ventina in Italia. La popolazione mondiale trasferita nelle
metropoli è aumentata del dieci per cento”.
“Nel febbraio 2002 al convegno Censis –
prosegue Breglia - si discusse sulla ‘esplosione della bolla immobiliare’ dopo
una crescita dei prezzi medi e del fatturato del mercato di quasi il dieci per
cento nei cinque anni precedenti. Nel quinquennio successivo all’undici
settembre 2001 il mercato immobiliare italiano è cresciuto del 27 per cento e i
prezzi di quasi il venti per cento mentre quello europeo del 35 per cento, con
un incremento delle nuove costruzioni superiore al secondo dopoguerra”.
“Questa lunga premessa introduce il mio
pensiero attuale, non di conforto ma di stimolo a chi legge. Nell’ora più buia
(e questa sicuramente lo è) non si vedono i bagliori dell’alba. Questa arriverà
e ci porterà un mondo nuovo. La crisi odierna ha molte somiglianze a quella del
2001, ma anche a quelle del 1973 e del 1930, dove le riprese hanno visto
mercati, prodotti e soggetti nuovi. Questi mesi in sospensione, stanno dando un
nuovo valore a quello che potremmo definire ‘spazio vitale individuale’”
Già ho parlato dell’inadeguatezza della maggior
parte delle nostre case – continua Breglia. Ora qualche
considerazione sui luoghi del lavoro terziario. Abbiamo atteso lo smart working
e ora che lo abbiamo conosciuto non vediamo l’ora di tornare nei nostri cari
uffici. A parte la debolezza delle reti e un tempo doppio per la metà del
risultato, abbiamo visto che il lavoro è scambio di idee, collaborazione,
sintesi tra i diversi, dialogo anche senza parole”.
“Ci sarà necessità di più metri quadrati per
addetto. La logica dello sfruttamento intensivo dello spazio - conclude
Breglia - non è più adatta ai tempi nuovi. Dove alle necessità sanitarie
si aggiunge una nuova consapevolezza dei bisogni delle persone. Vanno ripensati
i luoghi del lavoro su superfici maggiori e con servizi innovativi. Il recupero
dei tanti contenitori vuoti deve essere prioritario, oltre a nuove e diverse
costruzioni. Ci muoveremo meno e quindi le zone centrali o quelle meglio
collegate varranno di più. Ci sarà una nuova gerarchia di investimenti, così
come avvenne nei primi anni del secolo. La velocità del mercato non dipende solo
dalla nostra volontà, ma anche dalle scelte di politica economica nazionali e
internazionali. E quindi il momento della ripresa è incerto. Ma in quel momento
avremo bisogno di più mercato”.
Fonte: Idealista.it
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